VILTA' MORALE
Depressioni:una questione di coraggio.
Per un verso, secondo Lacan, si tratterebbe di assenza di coraggio nei confronti del rischio dell'esistenza del desiderio. Una chiusura provvisoria dell'inconscio. Il soggetto sceglie la melma del godimento (del rimpianto, dell'autorimprovero, della autodistruzione, della mortificazione, del lamento inconsolabile) piuttosto di affrontare la contingenza rischiosa del desiderio dell'Altro.
E' ciò che sospinge Lacan a definire in Radiofonia e Televisione edito da Einaudi nel 1982 'la depressione una viltà morale'.
Questa definizione dell'affetto depressivo mette l'accento sulla responsabilità etica di un soggetto che non intende proseguire nell'assunzione etica del proprio desiderio. La sua viltà morale lo preserva dalla soggettivazione della perdita. Non procedendo in direzione di una simbolizzazione della perdita resta impigliato in una esasperazione solo immaginaria della colpa. La viltà morale consiste nell'opposizione ostinata al carattere irreversibile della perdita.
Come ci ha insegnato Freud, il soggetto non vuole separarsi dall'oggetto perduto. Esige piuttosto la sua eternizzazione immaginaria come alternativa all'eternizzazione che la struttura impone al movimento del desiderio. Non è il desiderio ma è l'oggetto a essere eternizzato. Diversamente, il senso di colpa implica il confronto col carattere eternizzante del desiderio.
Il soggetto della colpa è un soggetto che è in grado di riconoscersi eticamente come responsabile del proprio desiderio. Ma è proprio questa responsabilità ciò che la viltà morale rifiuta.
L'ultimo Freud solleva l'interrogativo clinico di quale colpa si tratti a livello inconscio e Lacan nel seminario VII affronta direttamente questo problema. La sua risposta è che si è colpevoli non tanto in rapporto al dovere stabilito dal Super-Io, ma in rapporto al desiderio inconscio come tale.
La colpa etica consiste precisamente nell'allontanarsi dal proprio desiderio. Ogni volta che si cede sul proprio desiderio c'è senso di colpa inconscio. In questo senso la risoluzione della colpa implica necessariamente l'accesso a un'etica del desiderio deciso.
Nella nevrosi il cedimento sul proprio desiderio comporta l'affetto depressivo. Questo quindi non sorge solo in rapporto alla perdita dell'oggetto, come pensava Freud, ma anche alla rinuncia rispetto al proprio desiderio, alla sottomissione alla logica del sacrificio per il sacrificio, imposta dal moralismo del Super-Io.
Nella viltà morale il soggetto cede sul proprio desiderio e obbedisce al comando superegoico.
Per la psicoanalisi, dunque, la colpa sorge come effetto etico del tradimento del proprio desiderio. La sua risoluzione può dunque avvenire attraverso la realizzazione di una nuova alleanza del soggetto col proprio desiderio.