ADOLESCENZA, GENITORI E FIGLI : DESIDERIO NON PEDAGOGIA.
Oggi il genitore non è impegnato ad amare disinteressatamente i propri figli.
L'amore dei genitori verso i figli se implica l'angoscia di non essere sufficientemente amati, è una patologia.
I genitori di oggi patiscono questa nuova patologia. Questo comporta che per essere amabili si cede su tutto, non si assume mai la responsabilità del "taglio". I figli hanno bisogno di essere "tagliati", per esempio nel dialogo. Mi spiego meglio.
Il culto del dialogo che invade i mass-media, tutti si parlano delle cose più intime: questa è veramente una retorica deleteria.
Il dialogo ad un certo punto finisce tra un genitore ed un figlio, e chi mette il punto deve essere il genitore, che si deve assumere la responsabilità di mettere un punto. Oggi nessuno si assume più questa responsabilità, quella di mettere un punto. Che poi è il punto dell'asimmetria generazionale, che implica il conflitto, che è il fondamento della formazione, il conflitto assieme all'amore.
Il secondo sintomo dei genitori è quello che un grande filosofo degli anni settanta chiamava il principio di prestazione. Oggi i genitori sono ossessionati dal principio di prestazione dei loro figli, cioè alla minima difficoltà del figlio a scuola, in una competizione, in uno sport, cambiano scuola, cambiano competizione, cambiano sport. Non c'è cioè la dimensione fondamentale della formazione, che è quella del fallimento. Non c'è formazione senza fallimento, e oggi i genitori hanno paura del fallimento dei loro figli.
Ma il fallimento è importante nella formazione , l'errare, lo sbagliare strada ( ci sono importanti esempi evangelici in proposito ), il perdersi, il cadere a terra; se non c'è tutto questo non c'è formazione. Se non c'è perdita, se non c'è fallimento e se non c'è tempo che si dà ai figli per elaborare il fallimento e la perdita, non c'è formazione.
Questo è un altro problema dei nostri giorni.
Detto questo noi abbiamo il fatto che il soggetto non viene dal nulla, non viene da Marte, ma viene da una famiglia e dunque c'è un'implicazione. Ma non possiamo mai fare della famiglia un principio causale. La famiglia non è un virus, non è la causa. Perchè il soggetto ha sempre la possibilità di fare qualcosa di quello che gli altri hanno fatto di lui. Questa è la libertà. Abbiamo sempre la possibilità di fare qualcosa di quello che gli altri hanno fatto di noi.
Poi è vero che ci sono famiglie che funzionano meglio. E quali sono famiglie che funzionano meglio, e che facilitano una vita che sa dare frutti ?
Le famiglie che nutrono i loro figli, ma non con la pappa giusta, non obbedendo ad un manuale di tecnica del buon genitore che non esiste, perchè quello del genitore è un mestiere impossibile, fallimentare per definizione e che non esiste la categoria del buon genitore sulla faccia della terra.
Perchè il genitore è fallimentare per principio. Ma il bravo genitore è colui che sa che è fallimentare, che non ha la risposta su tutto, che lascia uno spazio vuoto, insaturo, che non insiste con la sua domanda, che sa rispettare la differenza, che sa parlare della propria mancanza, che non si pone come educatore più o meno libertario o autoritario.
Cioè la famiglia che sa nutrire il desiderio dei propri figli è la famiglia che funziona.
E come si nutre il desiderio?
Non con la pedagogia, non con le prediche, non con i discorsi, non con le tecniche, ma con la propria vita, mostrando che si può vivere in questo mondo senza impazzire, senza desiderare di suicidarsi. Questo è il compito di un genitore, mostrando che si può vivere in questo mondo dando frutti, producendo frutti e tutto questo non è esemplare, perchè se un genitore vuole esserlo l'esempio è un disastro. Il genitore peggiore è il genitore che dice: guarda me, sono l'esempio.
Al contrario è il figlio che lo dovrà trovare esemplare in un altro tempo, magari in un tempo più lontano, ma non al momento, perchè il genitore che si programma come l'esemplarità produce psicotici, ed il genitore che invece sa trasmettere un vuoto trasmette un impossibile a dire, un non avere la parola su tutto, ma trasmette anche anche la vitalità del proprio desiderio, l'amore per la propria donna e viceversa, l'amore per il proprio lavoro, l'amore per il bene comune, l'amore per qualche oggetto, basta anche una squadra di calcio.
Questa è la prevenzione vera, primaria, cioè non mettere una figlia sulla strada dell'anoressia per esempio, poi c'è quella secondaria, che è intercettare il più rapidamente possibile il segnale dell'anoressia.
Ma la prevenzione primaria non si fa spiegando che drogarsi fa male, che il fumo fa male, che se una comincia a non mangiare poi diventerà anoressica.
Noi psicoanalisti sappiamo che dove c'è l'interdizione, l'oggetto proibito diventa più affascinante, più seducente; dove c'è la legge che interdice l'oggetto proibito diventa più appetibile.
La prevenzione non è la conoscenza. Questo è un punto su cui chi fa prevenzione seriamente è importante che si soffermi; la diffusione delle buone conoscenze non modifica le pratiche patologiche.
E' un principio neo-greco pensare che se uno sa, fa il bene; non basta sapere cos'è il bene per fare il bene.
Si può sapere cos'è il bene ed essere risucchiati dalla tentazione del male. Se la conoscenza non salva, che cosa salva ? Il DESIDERIO.
L'elemento veramente da prevenire è quello dei giovani che non hanno desiderio. I giovani a rischio sono quelli che non hanno desideri, non hanno passioni.; la violenza, la tossicomania, il rapporto col computer nasce dal fatto che i giovani d'oggi non sono nutriti dal desiderio ed il nostro compito è nutrirli col desiderio, e lo si fa solo attraverso la testimonianza.
Questo è il fattore di prevenzione più potente che c'è, la trasmissione del desiderio.