DROGA E NUOVI LEGAMI SOCIALI
Come Smettere di Drogarsi.
Non è raro imbattersi in soggetti che fanno un uso quasi unicamente sociale ed in contesti aggregativi di bevande alcoliche oppure di un certo genere di droghe, diverse dall'eroina e più efficaci ai fini prestazionali. Queste sostanze psicoattive vengono sistematicamente cercate per il clima di coesione e di euforia il cui effetto- secondo questi pazienti- porta nel gruppo.
Molti giovani assuntori di nuove sostanze psicotrope pronunciano la frase: 'noi non siamo tossici'. Si tratta di giovani che usano questi stupefacenti soltanto durante i week-end in momenti aggregativi, quali la frequentazione di feste, degli stadi e delle discoteche di tendenza secondo una ritualità coinvolgente, senza che l'assunzione della droga invada l'organizzazione della settimana lavorativa.
Oggigiorno l'uso di alcolici e di droghe si basa sul libero accesso al godimento, tipico di una società non repressiva che distribuisce le sostanze al supermercato dei beni di consumo, in un clima culturale che fa della libertà di godere il valore supremo.
Ciò che prevale è la necessità d'integrazione sociale. Il tempo dedicato all'imperativo di divertimento, al divertirsi ad ogni costo: 'Divertiti! Divertiti!', diceva un paziente che faceva uso di svariate droghe, ponendo le attività ricreative al centro delle sue giornate; il tempo volto al profitto, alle attività redditizie, al mantenimento di un'abilità professionale che risponde perfettamente alla richiesta di impegno produttivo.
Nell'uso di droghe o alcool molte volte vi è, in gioco, un effetto ansiolitico: l'inquietudine avvertita nelle relazioni interpersonali viene placata con il ricorso alle bevande alcoliche.
Per alcuni pazienti un effetto di questo genere viene situato anche nella relazione di coppia e, in un modo davvero rilevante, anche in quella di intimità erotica. La dipendenza etilista non può essere definita esclusivamente attraverso il divorzio dal godimento sessuale in quanto vi sono modalità di ricorrere alla pratica della bevuta come disinibente nell'atto sessuale, come era solito raccontarmi Marco, un mio paziente. La bevanda inebriante, che fosse birra, vino, un superalcolico, era per lui uno strumento stimolante che rende possibile l'incontro fra i partners. Credo che si possa estendere tale constatazione anche alle condotte relative ai nuovi abusi di sostanze: gli agenti psicoattivi introdotti negli ultimi decenni, per esempio l'MDMA, presentano sovente caratteristiche che facilitano il benessere relazionale soprattutto in contesti di tendenza, mentre altre sostanze quali la cocaina vengono prescelte per la dimensione di sicurezza e di potenza che suscitano, permettendo, fra l'altro, un prolungarsi dell'atto sessuale.
Alcuni di questi soggetti collegano, talvolta, l'uso di droghe o alcool alla dimensione di trasgressione della Legge in un peculiare godimento che rende attraente ciò che è vietato.
Il senso di colpa inconscio costituisce uno dei motori della coazione a ripetere posizioni di illegalità: il soggetto si mette in condizione di subire punizioni e contenimenti in un ciclo di rafforzamento super-egoico fra colpa ed espiazione.
Per soggetti che portano queste associazioni è chiaro come il Padre in quanto rappresentante della Legge sia sempre all'orizzonte, soprattutto con il suo sguardo che viene attirato e nel contempo raggirato.
Mi sembra di poter dire che questa concatenazione relativa alla provocazione e all'appello nei confronti del Padre sia per alcuni soggetti con problemi di dipendenze molto significativa.
In pazienti che fanno uso di alcolici e di nuove sostanze psicotrope, o che comunque sono massicciamente coinvolti nell'abuso di eroina, qualcosa dell'ordine del Simbolico e della Funzione del Padre si sarebbe sedimentato. L'accentuazione della dimensione estetica e di quella della trasgressione rappresenterebbero una sorta di richiamo al padre il quale non guarda il figlio, non gli dedica il suo desiderio. Si tratta cioè di sfumature singolari dell'appello al padre, all'amore paterno.
Mettersi ripetutamente nei guai in seguito a condotte illecite rappresenta un modo per 'mettersi in mostra davanti al padre'(era la frase che mi ripeteva Claudio, un mio paziente poliassuntore di sostanze). Per un altro versante si tratta, invece, di un tentativo di sottrarsi allo sguardo dell'Altro. L'incontro con un eventuale giudizio da parte di colui che viene situato nel luogo dell'Altro risulta angosciante. La possibilità di non essere riconosciuto e di non venire apprezzato provoca insicurezza, incapacità a prendere decisioni. Per questi soggetti l'uso di droghe s'inserisce in tale dinamica favorendo un ispessimento di modalità difensive e rassicuranti nei confronti di un Altro potenzialmente frustrante. La questione soggettiva rimasta irrisolta per coloro i quali sono caratterizzati da questa seconda modalità di rapporto con le sostanze è l'insoddisfazione che provano dopo l'assunzione di stupefacenti. Si accorgono che l'effetto della sostanza offre un'ebrezza effimera, falsa.
L'uso di droghe reca loro, ben presto, poco piacere. Si scava un solco tra l'effetto agognato e quello effettivamente trovato.
La pienezza ottenuta attraverso l'uso di alcolici si può rivelare frustrante rispetto alla gratificazione cercata in quanto la pulsione ha un'altra meta.
Quello che diventa essenziale, dopo ogni assunzione di droghe o alcolici, è questa insoddisfazione. Il godimento della sostanza non basta, in questi soggetti, a saturare completamente una domanda di altro genere che non si esaurisce con l'appagamento del bisogno.
Otturare la dinamica pulsionale riempendo lo stomaco di alcool non arresta i movimenti del desiderio. Il consumatore di droghe, così come quello di alcool, ha così l'illusione di padroneggiare la pulsione, di governare a volontà il rapporto con il godimento salvo accorgersi, in certi momenti, che la spinta pulsionale riaffiora in un modo non padroneggiabile e mira alla sua vera meta.